Tutti i bambini dell’epoca la canticchiavano “Tele cicale, cicale cicale. E la formica invece non cícale mica”. Ora, io, con tutta la buona volontà di questo mondo, ho cercato in tutti i modi di trovare un pretesto didattico per presentarla a voi studenti, ma onestamente non l’ho ancora trovato. Dovrei, infatti, giustificare l’esistenza di un nuovo verbo: “cicalare”, appunto. Dovrei dire, ragazzi ripetiamo tutti insieme “io cicalo, tu cicali, lui cicala... noi cicaliamo”, che è un verbo regolare, della prima coniugazione. Come tutti sanno, infatti, i verbi irregolari in –are sono solo quattro: andare, fare, stare e dare, ma certamente sono più noiosi. Il verbo cicalare, poi, si potrebbe usare facilmente in tutte le salse. Parlando al passato: “- Cosa hai fatto ieri?” ”Io ho cicalato, e tu?” “- avrei cicalato volentieri, però avevo molte cose da fare.” La canzone raggiunge il suo massimo di pathos in questo verso “nella scatola del mondo io tu, per cui la quale cicale cicale cicale”, di difficile traduzione e praticamente inutilizzabile in una lezione dedicata ai pronomi relativi. Ma ora bando alle ciance e ascoltiamo la canzone.
lunedì 29 ottobre 2007
Cicale Cicale
Tutti i bambini dell’epoca la canticchiavano “Tele cicale, cicale cicale. E la formica invece non cícale mica”. Ora, io, con tutta la buona volontà di questo mondo, ho cercato in tutti i modi di trovare un pretesto didattico per presentarla a voi studenti, ma onestamente non l’ho ancora trovato. Dovrei, infatti, giustificare l’esistenza di un nuovo verbo: “cicalare”, appunto. Dovrei dire, ragazzi ripetiamo tutti insieme “io cicalo, tu cicali, lui cicala... noi cicaliamo”, che è un verbo regolare, della prima coniugazione. Come tutti sanno, infatti, i verbi irregolari in –are sono solo quattro: andare, fare, stare e dare, ma certamente sono più noiosi. Il verbo cicalare, poi, si potrebbe usare facilmente in tutte le salse. Parlando al passato: “- Cosa hai fatto ieri?” ”Io ho cicalato, e tu?” “- avrei cicalato volentieri, però avevo molte cose da fare.” La canzone raggiunge il suo massimo di pathos in questo verso “nella scatola del mondo io tu, per cui la quale cicale cicale cicale”, di difficile traduzione e praticamente inutilizzabile in una lezione dedicata ai pronomi relativi. Ma ora bando alle ciance e ascoltiamo la canzone.
domenica 28 ottobre 2007
Moka vs Espresso
Ci sono nuove macchine in arrivo che promettono di rivoluzionare l’espresso a casa. Ci sono sempre nuove miscele e nuove speziature offerte nei bar e nei ristoranti. A fine pasto c’è chi ci presenta la carta dei caffè, per scegliere tra una selezione brasiliana o una di Giava. Non solo: durante il pasto i chicchi di caffè li abbiamo ritrovati in abbinamento al risotto o agli spaghetti. E poi i corsi di degustazione come per il vino, le guide ai caffè e molto altro. Insomma, è caffè-mania o caffè-business.
Per i napoletani tradizionalisti non c’è dubbio: il vero caffè non può che uscire dalla moka partenopea con il caratteristico beccuccio rivolto verso il basso e che va ribaltata non appena l’acqua bolle, erede della versione rovesciabile di caffettiera inventata nel 1819 dal parigino Morize, che risolse il problema della separazione dai fondi, superando la preparazione per infusione che ha fatto la storia di questa bevanda.
La moka è invece frutto dell’invenzione di Renato Bialetti che brevettò nel 1933 la prima caffettiera con l’omino con i baffi che rivoluzionerà il consumo casalingo di caffè, diventando un simbolo della storia dell’Italia. E ancora oggi la Moka domina nelle case degli italiani stando a un’indagine che Astra ricerche ha realizzato lo scorso anno per Saeco, uno dei produttori leader di macchine espresso automatiche.
Duecento milioni sono le tazzine di caffè consumate ogni giorno nelle case degli italiani. Su 41,7 milioni di persone (dai 15 anni in su) il 73% utilizza la moka mentre il 27% preferisce la macchina espresso, manuale (che funziona con caffè macinato, cialde o capsule) o automatica (si schiaccia semplicemente un tasto, ed espelle poi i fondi in un contenitore interno).
“L’indagine – ha sostenuto Enrico Finzi, presidente di Astra Ricerche – ci consente di raccontare la storia d’Italia degli ultimi settant’anni anche attraverso i modi di fare il caffè. Infatti, se la moka è il simbolo della prima modernizzazione del boom economico, la macchina espresso manuale lo è di quella degli anni ’80, la macchina a capsule degli anni ’90 e l’automatica è l’icona dell’inizio del nuovo millennio”.
Insomma, la battaglia sul mercato si combatte a suon di innovazione e anche di ricerche che cercano di capire o indicare le tendenze. Tanto che c’è chi punta sulle automatiche – basta pigiare un tasto e la macchina fa tutto da sé – e chi sta piuttosto rivoluzionando cialde e capsule, come Illy.
In questa rincorsa la moka appare destinata a essere riacciuffata dalle macchine espresso – la prima, per i bar, fu inventata nel 1901 dall’ingegnere milanese Luigi Bezzera - anche nell’uso domestico.
Quel che è certo che tra moka e espresso una differenza sostanziale rimane: lo strato di crema. L’espresso lo fa, la moka o la napoletana no. Perché? Molte le ragioni: dalla macinatura alla pressione dell’acqua, dalla costanza della temperatura alla miscela. È infatti proprio il giusto equilibrio tra Arabica e Robusta che dà da una parte aroma e acidità e dall’altra il corpo e la crema in tazza.
Ma curiosità e passioni non finiscono qui. C’è chi discute sulla Moka: d’acciaio o d’alluminio? Per non parlare del caffè lungo e di quello ristretto, in tazza o nel bicchiere di vetro? E se poi si entra a discutere di caffè macchiato o corretto altri mondi si aprono.
Qual è il vostro caffè preferito? Come amate prepararlo e berlo?
(testo e immagine da interne)
mercoledì 24 ottobre 2007
MAL DI PIETRE
lunedì 22 ottobre 2007
LA FONTANA IN ROSSO
Sì. Avete proprio visto bene: l'acqua è rossa! Il gesto vandalico sembra essere stato opera di una non ben identificata "Azione futurista". Ma in realtà le cose non sono molto chiare; infatti nelle ultime ore è stato arrestato un pittore, collaboratore di un politico della capitale.
Comunque sia, noi vorremmo approfittare dell'occasione per ripercorrere insieme la storia cinematografica di questa fontana.
Ve lo ricordate? "MARCELLO, come here! Hurry up!". Era il 1960 e Anita Ekberg invitava Marcello Mastroianni a fare il bagno in una scena che sarebbe poi entrata a far parte della storia del cinema. E che avrebbe contribuito a far entrare la Fontana di Trevi nell'immaginario collettivo e a trasformarla in uno dei simboli della Dolce Vita.
Nel 1974, ci pensa Ettore Scola nel film "C'eravamo tanto amati" a rendere un omaggio alla fontana e alla scena partecipano gli stessi Fellini e Mastroianni (con due cammei indimenticabili) e il grandissimo Nino Manfredi.
Ma ancora prima c'era stato anche Totò, che nel film "Totò truffa 62" aveva pensato bene di vendere la fontana (che apparteneva alla sua famiglia da molte generazioni!) a un povero sprovveduto:
E noi vi salutiamo tirando un'immaginaria monetina nella fontana, sperando di tornarci presto e augurando lo stesso anche a voi!
Immagini da Intenet
venerdì 19 ottobre 2007
giovedì 18 ottobre 2007
IL MARE E L'ITALIA
Come sapete il nostro blog ha la vocazione del mare. Abbiamo scelto il nome suggerito dal nostro amico Didac, proprio perché l'OBLÒ è la "finestra" di una nave e prossimamente vi informeremo su altre iniziative "marine".
Il tema di quest'anno è "La lingua Italiana e il mare" presentati attraverso film e conferenze.
I film in programma sono:
Il 25 ottobre la professoressa Viviana Trevi presenterà una conferenza dal titolo "Cinque libri di mare" durante la quale si parlerà di 5 romanzi italiani di autori come Camilleri, Tabucchi, Baricco, Benni ed altri).
Il 26 ottobre sarà la volta della musica con una conferenza sulla musica italiana intitolata "Com'è profondo il mare" a cura del professor Angelo De Castro.
Buon divertimento!
domenica 14 ottobre 2007
VAPORETTO SOLO PER I VENEZIANI
sabato 13 ottobre 2007
I LIBRI CHE SI ASCOLTANO
venerdì 5 ottobre 2007
Mamma mia, che mammoni!
Il titolo è "Mamma mia" (Baldini e Castoldi. 240 pagine. 15 euro) e suona come qualcosa tra un grido d'allarme e una tenera invocazione. Blini, 42 anni, ("non vivo con mia mamma" precisa) lo spiega così: "Un mammone fa sorridere, una generazione di mammoni deve far piangere. In Italia, il mammismo è una malattia che si avvia alla pandemia". Tema delicato quello della mamma in Italia. Icona intoccabile, terreno minato, figura sacra e inviolabile. Fare un libro che, seppur garbatamente, ne mette a nudo i difetti può non essere facile. Blini, però, ci ha provato, mettendo uno dopo l'altro comportamenti e figure tipiche della mamme e dei mammoni.
(tratto da repubblica.it)
mercoledì 3 ottobre 2007
Storia della bruttezza
Contrariamente al detto popolare "Non è bello ciò che è bello ma è bello ciò che piace", nel nuovo libro di Umberto Eco "Storia della bruttezza", l'autore presenta una straordinaria rassegna di esempi di come la cultura occidentale abbia immaginato il brutto e i suoi moltissimi sinonimi (sordido, banale, orrendo, grottesco, ...). Dopo la 'Storia della bellezza', grande successo internazionale del 2004, Eco si cimenta ora in quello che sembrerebbe il suo concetto opposto e complementare. Gli autori e le opere citati nella 'Storia della bruttezza' sono tantissimi, si va da Leonardo a Proust. L'Espresso anticipa alcuni brani del libro che uscirà il 10 ottobre. I testo che vi presentiamo qui vi consigliamo di leggerlo lontano dai pasti perché è alquanto scatologico.
L'invenzione del nettaculo
Ho inventato, - rispose Gargantua, - con lunghe e diligenti esperienze, un mezzo per pulirmi il culo, il più nobiliare, il più eccellente, il più attinente che mai si vedesse (.) Provai a pulirmi una volta con la mascherina di velluto di una damigella, e trovai che andava bene, perché la soavità della seta mi procurava davvero un gran piacere al fondamento; un'altra volta, con un cappuccio della medesima, e col medesimo risultato; un'altra volta, con una sciarpa da collo; un'altra volta, con una cuffietta di raso cremisi; ma la doratura di tutte quelle sferette di merda che c'erano su mi scorticarono tutto il didietro: che il fuoco di Sant'Antonio arda il budello culare dell'orefice che le ha fatte e della damigella che le portò!
Guarii quel male, pulendomi con il berretto di un paggio, con su un bel piumetto alla Svizzera. Quindi, cacando dietro una siepe, e trovandoci un gatto marzolino, provai a pulirmi con lui, ma le sue grinfie mi ulcerarono tutto il perineo. Della qual cosa guarii l'indomani, nettandomí coi guanti di mia mamma, ben profumati di belgioino. Poi mi pulii con la salvia, il finocchio, l'aneto, la maggiorana, le rose, le foglie di zucca, di bietola, di cavolo, di vite, di malva, di verbena (che è come il rossetto del culo), di lattuga, e con foglie di spinaci - tutte cose che mi fecero un gran bene ai calli! - e poi con l'erba marcorella, la persichella, le ortiche e la consolida; ma me ne venne il cacasangue dei Lombardi, da cui fui guarito nettandomi con la braghetta.
Quindi mi pulii con le lenzuola, con la coperta del letto, con le tendine, con un cuscino, con uno scendiletto, con un tappeto da tavola, una tovaglia, una salvietta, un moccichino, un accappatoio. E sempre vi trovai maggior piacere che non un rognoso quando gli grattan la schiena. (...) In conclusione, affermo e sostengo, che non v'è migliore nettaculo d'un papero ben piumato; purché si abbia l'avvertenza di tenergli la testa in mezzo alle zampe. E potete credermi sulla parola. Perché sentirete al buco del culo una mirifica voluttà: sia per la soavità di quel suo piumetto, che per il temperato calor naturale del papero, il quale facilmente si comunica al budello culare, e quindi agli altri intestini, risalendo così fino alla regione del cuore e del cervello. ('Gargantua e Pantagruele' I 13)
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